Spesso mi sento dire quanto sia complicato crescere ed educare delle figlie femmine, che “allevare” (già il termine mi urta) un maschio è molto più semplice. Che un maschio è facile, basta mettergli un pallone ai piedi e un videogame in mano (pensa che in casa non abbiamo nemmeno la play)
Le femmine invece, sai come sono menose? Tutto quel rosa, tutte quelle Barbie, gli urletti isterici, le trecce e i codini. Io che molte volte Agata me la confondono per un maschio e Orlando per una femmina. E quel vestito non va bene, e “Mamma mettimi i leggings invece che la tuta che è da maschi. Mamma tutte le mie compagne hanno le scarpe che si illuminano e le t-shirt con le paillettes.”
Le mie figlie non sono delle principesse. Non perché vestono color cachi e ruggine, ma perché voglio che crescano consapevoli della loro forza.
Che essere femmina è bello, che possono essere veramente tutto quello che desiderano, che possono vestirsi di nero, di giallo o di rosa shocking. Possono portare i capelli lunghi oppure essere rasate, possono amare un uomo oppure un’altra donna. Possono fare l’avvocato, il veterinario oppure il pompiere. La calciatrice, la sincronette o la ballerina.
Senza dipendere da qualcuno, da qualcosa.
Senza avere paura di lasciare o di andare.
Senza rimorsi, senza rimpianti.
Voglio che le mie figlie siano libere di essere. Punto.
Non voglio che debbano assomigliare per forza a modelli imposti, non voglio che si sentano in difetto, mai, per qualcosa che non hanno o che vorrebbero tanto avere solo per essere uguali, a tutti gli altri. Vorrei insegnare loro che invece è bello essere diversi, che conta quello in cui credi tu e ciò che piace a te.
E poi, non voglio che le mie figlie siano chiamate principesse perché, per quanto ne so, invece, si sentono dei cacciatori di draghi, vestite color cachi e ruggine.